Rimini, Agosto 2016
Seduto sul divano della casa in cui vivevo al tempo, in crisi di rapporti con i miei soci dell’agenzia di marketing, la mia mente errava tra sogni che non avrei mai realizzato se fossi rimasto impantanato in quella situazione. Sentivo dentro che avrei potuto fare molto di più, sentivo che non ero nel posto giusto con le persone giuste per realizzare i miei sogni.
Come un fulmine tra nubi dense di dubbi mi balena in testa un nome: BIG. Grande, pensai.
Ai tempi in cui lavoravo in Decathlon e gestivo squadre enormi, tutti mi chiamavano “Big”. Nel periodo estivo entravano continuamente in negozio nuovi stagionali per affrontare il periodo picco di fatturato e non avrei mai potuto ricordare tutti i loro nomi fin da subito. Così iniziai a chiamare tutti “grande” per non sbagliare. È incredibile la reazione emotiva quando chiami qualcuno “grande”. Riconosci in zero-due il suo valore. Da quel momento io stesso finii per essere chiamato “Big” da tutto lo staff Decathlon.
Torniamo al divano e alle dense nubi che si stavano lentamente dissolvendo all’orizzonte. La mia nuova azienda dovrà essere Big. Devo circondarmi di persone straordinarie che abbiano sogni giganti: solo così lasceremo un segno indelebile. Non chiedermi come, non chiedermi perché: è un impeto dell’anima.
Ok facciamolo. Manca qualcosa però a questo Big. I Brand figurativi sono molto più facili da ricordare, serve qualcosa di altamente riconoscibile.
Big… Rocket!
Grande razzo. Figo, funzionerà.
Passo due giorni di pura estasi e senso di invincibilità tipici di chi ha una grande idea e non si preoccupa minimamente della sua realizzazione, ripetendo costantemente quel nome nella mente. Figo, farà la storia.
Finita l’euforia iniziale comincia la parte mento entusiasmante: non hai liquidità se non un piccolo TFR accantonato, non hai dipendenti, non hai un modello di business chiaro, e soprattutto non hai clienti.
Potevo tranquillamente tornare indietro e ricacciare Big Rocket da dove era venuto, nel mondo affollato dei sogni nel cassetto. Potevo continuare a vivere una vita mediocre fatta di liti quotidiane tra soci e pallidi risultati. Potevo far felice la mia famiglia e restarmene ai tempi in Decathlon dove in fin dei conti avevo un posto sicuro a tempo indeterminato e un buono stipendio. Ma non l’ho fatto perché Big Rocket dentro me si era conficcato come un proiettile e sapevo che se avessi provato a toglierlo sarei morto dissanguato.
Buono, mi dicevo, non ha colpito organi vitali, puoi sopravvivere. Da lì inizio il mio percorso selvaggio da ZERO a BIG ROCKET.

Bootstrapping
In America lo chiamano bootstrapping: la metafora è quella di un cowboy che cavalca solitario nel deserto e finisce con cavallo e stivali impantanato nelle sabbie mobili. Istintivamente grida aiuto. Nulla se non deserto nel raggio di chilometri. E allora ha un solo modo per salvarsi. Tirarsi su di peso per gli stivali e uscire dalle sabbie mobili da solo. Tendenzialmente, se ha un istinto di sopravvivenza abbastanza sviluppato, ce la farà.
Studi fatti in America dimostrano che le startup create con grand capitali e fondi di investimento esterni hanno molta più probabilità di morire nel lungo periodo rispetto ad aziende create col bootstrapping.
Nella mia testa è la stessa differenza che esiste tra un cane di razza che rischia di morire per un forte raffreddore e un randagio di strada che ha la pelle così dura che non lo ammazza nulla, sarà lui a decidere quando è venuto il suo tempo.
Zero
Ce l’ho tatuato sul polso sinistro. Inizialmente il significato che gli attribuivo era Zero Limits, nessun limite a ciò che potrò realizzare. Il significato che gli attribuisco oggi è quello del bootstrapping: non avevo niente ed ero nelle sabbie mobili. Ne sono uscito da solo facendo leva su forze che ancora oggi non so spiegarmi. E quando guardo il tatuaggio sul polso ricordo dove ero due anni fa e penso che è un miracolo essere ancora vivo.
Nel frattempo avevo parlato ad alcuni ragazzi della mia idea. All’inizio ho raccolto tre astronauti che hanno creduto al mio sogno e sono saliti sul grande razzo. Gli ho detto, guardandoli fissi negli occhi, che un giorno saremmo arrivati a Nike. Mi hanno restituito uno sguardo perplesso ma era talmente forte la mia idea che in qualche modo mi hanno creduto.
Nel primo periodo li ho pagati a qualche centinaia di euro e grandi pacche sulle spalle. Usavamo una stanza di casa come ufficio e trovare clienti quando non sei nessuno e il tuo ufficio è la strada non è semplice. Per questo ho perseverato nel bootstrapping, ho imparato ad avere sempre stampato in faccia un sorriso a 34 denti e armarmi di grande entusiasmo, credendo sempre che tutto fosse possibile. Con alcuni clienti questo atteggiamento ha fatto presa e grazie a loro abbiamo iniziato a lavorare e preso il primo piccolo ufficio a San Giuliano Mare, una piccola frazione di Rimini.
Il bootstrapping continua…
Il resto della storia DA ZERO A BIG ROCKET sarà il fulcro del mio intervento a Business Tasting, l’unico evento di networking professionale che si terrà il 29 settembre a Riccione presso il Palazzo del Turismo – scopri di più su businesstasting.com.


Racconterò di come si può costruire un’azienda senza soldi lavorando al meglio sul capitale umano. Ora ho raccontato anche troppo e non vorrei dilungarmi e svelare altro.
Ci vediamo il 29 settembre al Palazzo del Turismo di Riccione.
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